Antonio Morera

Nello studio di Antonio Morera

Al Signorino Liberti Bruno
Così è indirizzata la cartolina postale che il 6 ottobre 1953 mi aveva spedito da Quarto dei Mille il Prof. Comm. A. M. Morera (riporto testualmente il timbro apposto in calce alla firma).

Antonio Maria Morera nato a Casale Monferrato il 30 agosto 1888 e morto a Genova l'8 ottobre 1964 - scultore, ritrattista e paesaggista, dopo gli studi all'Accademia Albertina di Torino era approdato all'Accademia Ligustica e a Genova, in via Puggia 28, aveva aperto uno studio dove teneva corsi di pittura e scultura.

Nel 1953, studentello di scuola media con una grande passione per l'arte, ero già da qualche anno suo allievo e con quel cartoncino un po' ingiallito, giunto ora al suo cinquantesimo compleanno, il “maestro" mi chiedeva se intendevo ancora frequentare le sue lezioni limitate, per quell' anno scolastico, “al sabato mattino e pomeriggio a volontà e la domenica solo mattino”.

L’incontro con Morera, reduce da due guerre mondiali e culturalmente di stampo ancora ottocentesco, segnò profondamente il mio destino. Avevo poco più di dieci anni quando mia madrina mi accompagnò nel suo studio per fargli valutare i miei disegni infantili e chiedergli se potevo essere ammesso fra i suoi allievi.
Ricordo ancora l' emozione, l'ansia e l 'eccitazione quasi incontrollabili provate durante quello che per me era un vero e proprio "viaggio": era la prima volta che, per raggiungere lo studio di Morera, attraversavo tutta la città…

Sceso al capolinea imboccavo una breve salita per raggiungere il numero 28 di va Puggia. Oltre il cancello si intravedeva il giardino che circondava la casa del Maestro con l'attiguo capannone-studio, ai lati del quale erano situate numerose sculture in gesso e in bronzo. All'interno l'illuminazione spioveva da grandi pannelli che coprivano il soffitto: era una luce dolce, coinvolgente,che sembrava scivolare sulle superfici bianche delle pareti per ritornare in alto, da dove era filtrata.

Al centro del grande locale erano sistemati i cavalletti di noi allievi, circa una decina, per lo più impegnati a copiare una serie di nudi levigati. Non nascondo l’imbarazzo che provavo osservando i loro attributi in bella mostra: soprattutto quelli femminili ma anche i maschili che incombevano sopra la mia testa. Tale, però era l’ammirazione per la bravura dell'artista che li aveva realizzati che l'unica preoccupazione diventava quella di riprodurre questi modelli con sempre maggiore efficacia Alle pareti di una stanza attigua erano esposti dipinti di Morera, mentre, racchiusi in grandi cartelle o arrotolati sui tavoli da lavoro giacevano disegni e studi di opere già realizzate o commissionate (oltre che a Genova egli aveva eseguito monumenti a Roma, Berlino, Budapest).

Nell’ atelier si viveva costantemente immersi in un’atmosfera di classicismo tipica di inizio secolo, a cui contribuiva l’aspetto stesso di Morera, un ometto col basco portato alle ventitré che accompagnava tratti quasi nobili a un piglio militaresco. “Classiche” erano anche le forme dei busti e delle statue, così come lo erano le tecniche, sia grafiche sia pittoriche, che trasmetteva agli allievi con grande rigore: regole ed esperienze essenziali per chi volesse affrontare -come mi accorsi in seguito- una seria ricerca personale.

Questo mondo che negli anni mi era diventato famigliare, cominciò a farsi stretto quando presi a frequentare il Liceo Artistico, dove altri insegnanti contribuirono ad aprire notevolmente il mio orizzonte culturale, senza riuscire però a cancellare la gratitudine nei confronti del “primo vero” artista che aveva intuito in me qualche qualità da poter coltivare.

Il primo giorno nello studio di Morera fu, insieme, di iniziazione e di conferma: il piacere che mi avevano dato fin da bambino ricopiare le illustrazioni dei giornalini o disegnare persone e figure sui margini dei quaderni e dei libri di testo, si era trasformato, da semplice passione, nella realizzazione di un sogno, facendomi entrare nel mondo dell’Arte, quella con la ‘A’ maiuscola.

La cartolina con la quale Antonio Maria Morera, nel lontano 1953, mi sollecitava a scegliere il giorno e l’ora preferita per la frequenza del nuovo corso, termina con una esortazione alla quale ho sempre cercato di tener fede: “non smettere di lavorare e vieni presto – Il maestro – Porta i modelli che hai e non perdere tempo in lavori inutili”.

(Bruno Liberti, “Nello studio di A.M.Morera”, da ”Genova città narrata” a cura di S. Riolfo Marengo e B. Manritti, ed.viennepierre)

Prossime esposizioni

Natura morta vs natura viva
Dal 20 al 28 luglio 2010 Bruno Liberti esporrà nature morte e paesaggi nell'accogliente sede del Centro Culturale Drago di Millesimo.