Antologia critica 1973/1981

L’esame analitico delle opere del passato e un calcolato furore nello scomporre l’immagine portano Liberti a distruggere la primitiva forma per ricostruirla in seguito con altre misure, secondo linee e modi interni al suo pensiero, e segnano anche l’inizio di una autonoma ricerca. Giovane aveva operato, infatti, in un ambiente classicheggiante. A tirocinio e alla “bottega” si aggiunge la scuola, il liceo a Genova, dove si formò soprattutto a contatto con il realismo intenso e sensuale di Nobile, che accolse con entusiasmo, e il dettato di Scanavino; qualcosa trattenne anche dei fantasmi inquietanti di Fieschi, filtrati attraverso le maglie sottili della sua sensibilità. Il lavoro di Liberti si realizza, agli inizi,quale prudente rinnovamento che parte da lontano; grado a grado la penetrazione della cultura classica e l’abbraccio appassionato con quella contemporanea divengono una sola esaltante esperienza, dove si attività paziente e attenta di studio e di elaborazione; un desiderio grande di possesso. Affrancato allora da servitù verso la tradizione e pienamente consapevole dell’arte figurativa oggi (sollecitato anzi da importanti artisti e movimenti: il futurismo italiano, Max Ernst, Picasso, Bacon, Sutherland) ottiene, per dirla scopertamente, una fusione perfetta di antico e moderno: il discorso di Liberti si fa maturo, cosciente di sé, a suo modo eloquente, infine libero e audace. Le strutture, le forme sono collocate in un universo conseguente, autonomo; figure e volumi ben centrati vivono in una atmosfera precisa e lucida. Abile per tanta parte, fertile per inventiva, eclettico per gli stili che sa affrontare e raccogliere in unità, stende il colore a campiture tese; circoscrive i personaggi con segni perentori; ovunque la spiccata predilezione grafica condiziona, nel senso del rigore e del disegno, il tracciato pittorico. Dal centro del quadro partono i punti di forza, si sprigiona la potenza delle figurazioni: l’energia viene poi raccolta, condotta sotto il dominio sovrano dell’intelletto e il racconto si svolge in un tutto. Da queste chiare premesse nascono tutti i dipinti di Liberti, a cominciare dalla prima serie “gli uomini volanti”, con suggestioni di tipo goyesco, fino al complesso e singolare periodo delle “tentazioni” con i motivi ricorrenti e confluenti: la donna e il satiro, la bolgia, la donna e il sodato; temi figurativi sui quali un lungo discorso andrebbe avviato. Qui diremo soltanto che condensano in poche, estreme figure-simbolo l’alternativa continua nel fatale, e alfine incredibile, procedere del mondo: la forza e la bellezza, il caos e l’ansia di ordine, l’amore e la morte. Personaggi così netti e carichi di significati si muovono in situazioni esemplari, dove la costante dell’eros costringe, come in un sogno eccitato, ad accettare gli opposti, stregati dalle lusinghe e dal suo strapotere. ( D. Camera,” Resine”, quaderni liguri di cultura-n°6-1973)

Bruno Liberti è approdato dopo anni di lavoro e di indagini ad una sua personale e indipendente interpretazione di un neofigurativismo autonomo fra obiettività visiva e creazione fantastica, che mi pare l’unica alternativa ad un ulteriore approfondimento delle operazioni di avanguardia. Bene individuato entro questa ampia corrente, la cui impropria denominazione di neo realismo è già sorpassata, Bruno Liberti opera una sintesi stilistica degli elementi formali derivati dall’attualità viva di una cronaca per immagini, e ripropone uno spazio autonomo e statico in cui il moto si concentra nella dilatazione delle dimensioni spirituali e nel perpetuarsi di immagini originate da forme a loro volta derivate da interpretazioni fantastiche, come echi o ondate emozionali che tornano sempre a richiudersi sui sentimenti da cui sono nate.
(Giancarlo Caldini, “Eco d’arte” AnnoV -N. 3 - 1972)

Si perpetua in Liberti, attraverso filtri moderni, una tradizione di rigore stilistico e di splendore cromatico che soltanto una profonda maturazione pratica può oggigiorno esprimere senza intromissioni letterarie o analogismi simbolici e accessioni a comportamenti istintivi, d’ordine impressionistico. In questa tradizione sono inseriti gli eventi le cui strutture semantiche di spazio e temporali sono come congelate in una sorta di sospensione. Liberti rivendica la validità di una tecnica generale, ma questa tecnica, in quanto tesa alla realizzazione di un valore autonomo,n on resta fine a se stessa. Sul piano ideologico questa differenziazione risulta di estrema importanza,quando le parentele e gli incastri scadono nel facile e le ambiguità degli obiettivi dei procedimenti sembrano condurre all'appannamento di quella coscienza critica che resta comunque il momento primario, imprescindibile, di ogni fatto estetico. Scegliendo questa strada Liberti si è anzitutto procurato la risoluzione di alcuni fondamentali problemi di orientamento e di disponibilità dei mezzi di espressione,riuscendo a scansare sia i rischi del ricorso a una convenuta oggettivazione dell'immagine che quelli di un echeggiamento di uno o più avanguardíe, rifiutandosi infine di partecipare alla kermesse degli innovatori a cadenza mensile. Ma ciò che soprattutto si è procurato è la possibilità di una pittura che proprio per una sua polivalenza espressiva richiede qualcosa di più della semplice contemplazione ed è tale da provocare una partecipazione attiva, a livello di coinvolgimento più che di emozione, di chi la guarda.
( Romolo Calciati, 1976 )

In che modo l’abilità diventa ‘spirituale’ ? La pittura di Liberti rivaluta sia tecniche che iconografia, intesa questa come proposta di immagini iconiche, riconoscibili in quanto tali, seppure lontane dalle clamorose evidenze pop e dalla minuzia iperrealistica. Quanto al mestiere, indubbiamente c’è, ed è agguerrito, ma sta al suo posto, dietro le immagini, al loro servizio, senza farsi al proscenio, senza prevaricare alla ricerca degli effetti… C’è, nella mostra, un tema dominante? Evidentemente sì. La risposta è: la figura e lo spazio e la loro interazione. La figura umana nella sua consistenza, che è peso e carne ed epidermide ( e persona, e destino ), rapportata ad uno spazio che è, problematicamente, ambiente ed atmosfera, astrazione e realtà, vibrazione cromatica. Uno spazio che non si riduce a mero contenitore ( a ‘entro cui’ ), ma è funzione attiva, dialettica, sia nella definizione della forma che nella sua connotazione. Spazio non determinato ma aperto, interno ed esterno, quindi ambiguo, che avvolge le figure ma anche le penetra, le smembra, le stranea. E’ l’antitesi dello spazio bergsoniano perché non divide e fissa e irrigidisce, ma unifica e attiva mercé il suo libero fluttuare. Proprio grazie al suo intervento l’immagine sfugge al naturalismo e all’iperrealismo. La penombra che lo abita, pervasa di sottili note cromatiche, schiarita a tratti da bagliori, intesse un gioco complesso con la figura celandola e svelandola, costruendola e modellandola, a volte annullandola, in un moto alterno che ha per posta l’esito pittorico. Ed ecco l’emergere, dal buio, in molti quadri, del nudo femminile, e qui conviene soffermarsi. “Il nudo è una visione cosmica sublimata”, dice Liberti…
( Vico Faggi, “Movimento ICON” Galleria d’Arte Rinaldo Rotta, 1976 )

A Bruno Liberti

Caro triumphans atque
Tristissima caro.
Cos’è un nudo, Liberti?

Mi propone
“E’ cosmica visione, sublimata”.
Eterno femminino, Idoleggiata
Caro triunphans atque
maestissima caro.

( Vico Faggi, “Amici Pittori”, prefazione V. Coletti –Ed. F.Pirella)

Le immagini che fanno pensare
L’artista genovese presenta numerosi oli ed alcuni lavori grafici con un unico tema: la donna, più spesso anzi il nudo femminile, che per l’autore, come da sua stessa definizione, “è una visione cosmica sublimata.” L’argomento è affrontato in un sol tratto come problema pittorico e come questione esistenziale, la soluzione che Liberti offre passa attraverso un neofigurativismo quanto mai nitido e consapevole, dove realismo e fantasia si suddividono in equa maniera il compito di trasferire l’osservatore in un mondo aderente alla nostra epoca. Il linguaggio di Liberti si ripropone come raffinato estetismo intellettuale vicino all’iperrealismo, ma con una nota particolare che è resa pittoricamente mediante ombre, in cui la figura a volte si nasconde a volte si annulla. La realtà è dunque sempre sfuggente, nonostante la precisione dell’immagine, che può in un primo momento appagare. Soddisfatto pure il pittore nella fase esecutiva, si ritrova subito dopo, come creatore, conscio della sua incapacità di cogliere l’essenza di quanto vede. L’immagine pur così precisa è proposta per scandagliare oltre, la stessa perfezione tecnica è premessa di profonde meditazioni.
(Guido Arata, Secolo XIX - 20 maggio 1978)

Le dame di Bruno Liberti
Direi che non si sia ancora spenta l’eco di quella tale apparizione di Bruno Liberti alla ‘Rotta’ due anni fa: un fare iper/non iper (o addirittura una neo-figurazione? Già, c’erano dentro anche gli ingredienti dell’espressionismo), con una forte carica simbolica ed una precisa tensione sul piano della sensualità. L’Artista presenta ora gli esiti recenti, ponendo l’accento sulla donna come spirito informatore di una operazione insieme estetica e sentimentale. Apparentemente Liberti privilegia la forma pura, enucleando spesso una sensazione ‘somatica’ da un contesto di carattere emotivo, e giocandoci attorno con un leggero e ‘divertente’ spaesamento che conserva comunque ogni possibile rispetto per il dato classico. Alla base di tutta l’operazione c’è il “suo” segno puntuale e risoluto e poi anche tenero ed effusivo, qua e là mediato in un singolare complotto di veli e di ombre.
(Felice Ballero, Gazzetta del Lunedì – 29 maggio 1978)

L'intenzione dell'operazione non è contestataria o comunque monitoria d 'un recupero fattuale, in certo senso archeologico. Nemmeno è adesione ad una qualche moda etichettata; per esempio ad una esperienza comportamentistica in senso specifico, pur se – ribadendo il sostantivo performance il senso del perfezionare, cioè del portare a compimento, dandole unità, una qualsiasi operazione- anche questo intervento potrebbe trasporsi, e sottilmente, nella virtualità dell'espressività concettuale. Più semplicemente Rigon e Liberti trasformano per qualche giorno la galleria in laboratorio,proprio nel senso di locale deputato e attrezzato per una attività specifica di carattere sperimentale o anche produttivo: nel caso la pittura, il fare un quadro. Ma il quadro che faranno sarà condotto a quattro mani e a quattro occhi. Ognuno elaborerà una porzione di tela ponendo così sulla superficie soprattutto l'accento sul processo, sull'idea che lo determina (sia il quadro, sia il processo) e sulla sua possibile estensione di spontaneità e soggettività condizionata dalla propria disponibilità visiva e intellettuale e da quella del compagno che, anche se le porzioni di tela sono state ben quantitativamente divise e delimitate, fatalmente deborderanno da una all'altra e forse si sovrapporranno. È chiaro che gli autori si sono proposti entrambi di cercare un rapporto dialettico ed eviteranno (ma quanto e per quanto?) d i sopraffarsi. In fondo sono artisti, persone, come si dice, civili e hanno preparato uno schema e predisposto delle regole. Riusciranno ad evitare di entrare nell'ottica uno dell'altro?O fatalmente dovranno farlo? Quali stratagemmi, quale condensato di precisi riferimenti culturali invocheranno “per non darsi gomitate”? Tra loro il problema è aperto. C'è da sperare che tutto, per quanto riguarda il loro lavoro, non si riduca ad un problema di perbenismo o di falsa buona educazione. Dipingere in fondo non è altro che rappresentare mediante una opportuna distribuzione di colori su una superficie. E se qui la superficie è qui necessariamente limitata, la disponibilità dei colori è pressoché infinita. Intanto perché l 'occhio umano è in grado di percepirne circa trecentomila variazioni e poi perchè, ricorrendo alla selezionatura scientifica, potrebbero disporne di oltre un milione, tante quante ne produce la natura. Ovviamente il problema non è tutto qui, in una sistemazione univoca e lineare dei momenti della coabitazione e degli elementi della rappresentazione da attuare. La filosofia che ha concepito questo fatto, che continuiamo a chiamare operazione, esiste e ha intenzioni più che vaghezze o desideri esibizionistici. Intanto essa si pone come atteggiamento di decodificazione del mito storico dell'opera in sé, dal momento che la più parte d dell' interesse è per il processo. Inoltre, montando pubblicamente i pezzi della loro composizione, ecco che, come in uno specchio lacaniano gli autori mostreranno i congegni della fatturazione riveleranno i < segreti> che fanno per ciascuno l' omogeneità della visione, il superamento di rispettive specificità e differenze. Chi starà osservando poi potrebbe a sua volta venir stimolato a meditare sui processi, a contribuire con il proprio intervento al ritmo fattuale e persino alle sue modificazioni ottenendo e collaborando significati ulteriori di creazione ri-creazione. Instaurando così un rapporto intersoggettivo di cui si potrebbero in futuro e con altri esperimenti utilizzare le potenzialità.
(Germano Beringheli, presentazione ABBADON 1 alla Galleria R. Rotta –Genova -1979 )

Figura e ambiente, luce e penombra nel ‘periodo verde’ di Liberti
In questo quinquennio, dal 1976 al 1981, che potremmo chiamare il periodo verde di Liberti, e che costituisce la fase della sua raggiunta maturità artistica, è riscontrabile a livello sincronico una duplice declinazione pittorica: nel senso, da un lato, di un semplificarsi e decantarsi, sin quasi alla monocromia, della gamma coloristica, dall’altro di un recupero, per discretissimi tocchi, rapide note, di una accensione cromatica sempre su base unitaria dominante. La figura umana è e resta centrale nella visione artistica di Liberti,…la bussola su cui la navigazione pittorica si orienta, il porto cui approda, la sorgente da cui muove, col suo carico di sensualità e contemplazione, sentimento della materia e malinconia, in una visione che evoca e celebra e idoleggia, che presente e rimpiange… Il peso della carne, che basta un panneggio ad esaltare, e la sua sublimazione, che si fa enigma, s’incontrano in un canto elegiaco che tocca, in certi piccoli nudi, istanti di purissimo rapimento. Se la discrezione non ci trattenesse, vorremmo, potremmo azzardare un termine quale, se osiamo dirlo, perfezione…
(Vico Faggi, 1981)

Variazioni sul nudo
Non c’è bisogno di insegne per l’intelligenza del suo tratto parlante, che conserva il primato – in quanto segno – non solo nell’autonomia della “grafica preparatoria” e/o complementare, ma non meno su tele e tavole, dove il colore, ogni volta essenzialmente ‘un‘ colore, non gioca mai, nonostante la sicura suggestione, una parte decisiva…Liberti si presenta con un doppio avallo del suo interprete forse più accreditato, Vico Faggi, e di Rinaldo Rotta, gallerista-principe…Faggi e Rotta figurano in mostra in due calibrate e insieme fantastiche interpretazioni di ritratto…
(Guido Arata, IL SECOLO XIX – 1981)

Per raccontare un quadro
…C’è un’opera che esprime esemplarmente, nella misura più alta e persuasiva, il senso e la qualità del lavoro, in questa fase, di Liberti. E’ appunto, il quadro che vorrei narrarvi, con l’ambizione di farvelo in qualche modo vedere. Si intitola “Situazione numero due”: è un olio su tela, un metro per un metro. La data dell’esecuzione è: 1977/78; e questo elemento cronologico già ci dice che l’opera non è nata di getto, ma ha avuto una fase non breve di elaborazione è passata per un processo di individuazione e di assestamento. La cosa viene confermata dalla vicenda evolutiva che l’immagine ha subito. Ma procediamo con ordine, a partire dal titolo. “Situazione numero due” implica l’esistenza di una situazione “numero uno”. Bisogna dunque fare un passo indietro e prendere in esame il primo dei due quadri. E val la pena di farlo perché, oltretutto, si tratta di un’opera di buonissimo livello. Essa presenta, l’uno rivolto all’altra, e viceversa, il pittore e la modella; che è la consorte. Sono un ritratto e un autoritratto di notevole fedeltà. Le due persone sono situate in un interno che si concreta e si rivela in elementi precisi – un divano, un mobile – ma sfuma poi verso il fondale ambiguo perché la parete di fondo si perde nell’indefinito, si apre ad un fenomeno atmosferico che è nuvole, aria, vuoto, cielo, vento. Ritorniamo, dopo questa premessa, alla visione di “Situazione numero due”, che è il tema della nostra trasmissione odierna. Il confronto è istruttivo, e chiarificatore, mettendo in luce convergenze e divergenze, affinità e distacco. Limitiamoci a qualche cenno, anzi a due soli, per non complicare le cose. Rispetto al quadro precedente, “Situazione due” accentua la tendenza alla monocromia con la dominante verde, e, mutando la posizione e l’atteggiamento dei due protagonisti, elimina uno dei due volti, precisamente quello maschile.… L’uomo e la donna sono vicini, assorti in un colloquio che è tanto intenso quanto silenzioso; ma il volto dell’uomo sappiamo, è scomparso, tagliato via da una striscia orizzontale che si collega alla parte più alta del dipinto. In essa il verde è più intenso alludendo ad un cielo percorso da lievi e fuggenti nuvole. L’effetto è straniante. La presenza del cielo, cioè dell’esterno, sconvolge la spazialità dell’interno e, delicatamente, decapitando la figura maschile , viola le regole della verosimiglianza naturalistica. La testa femminile, nella sua parte superiore, si staglia contro quel cielo che cancella il capo del partner. Lei sì, lui no. Anche questa differenza è un fattore di imprevedibilità, quindi di sorpresa, con valore antinaturalistico. …Le due figure sono vicine, collocate entro lo spazio di due diagonali parallele che attraversano tutto il dipinto, dall’angolo basso a sinistra salendo a quello alto di destra. Il dato geometrico è anche un fattore espressivo. La convergenza delle linee è anche convergenza psicologica. L’accostamento dei corpi non è cosa meramente materiale. Sotto la fascia diagonale, in un triangolo che ha il vertice nell’angolo destro, vi è un ampio spazio in cui sono situati i cuscini del divano e il pavimento. E’ la parte che chiameremo ambientale…. Abbiamo in conclusione una serie di fattori che sono posti a confronto: pieno e vuoto, finito e non finito, diagonali e orizzontali, nonché ortogonali, esterno ed interno, le vesti ed il nudo, sensualità e malinconia. Da ciò nasce un quoziente di mistero, un’atmosfera di enigma. Il quotidiano, ci insegna Liberti, può essere un’avventura, un’avventura che ci coinvolge nel pensiero e nei sensi.
(Vico Faggi ,conversazione tenuta alla Radio ‘Sampierdarena UNO’ -1981)